IL PRETORE Letti gli atti di causa, sciogliendo la riserva formulata, rileva: nei confronti del ricorrente Cossutta Armando il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Firenze, con provvedimento di data 27 giugno 1995 (notificato in data 21 luglio 1995), ha applicato la sanzione pecuniaria amministrativa di L. 50.000.000, e cio' "per l'omesso deposito presso il Collegio regionale di garanzia elettorale della dichiarazione e rendiconto di cui all'art. 7, n. 6, della legge n. 515/1993); in tal modo operando il Collegio suddetto ha inflitto la sanzione nel minimo in quanto, ai sensi dell'art. 15 della citata legge, per l'omesso deposito da parte del candidato della dichiarazione e del rendiconto relativo ai contributi e servizi ricevuti ed alle spese sostenute, e' prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da L. 50 milioni a L. 200 milioni; avverso tale provvedimento sanzionatorio l'on. Cossutta ha proposto opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981, dinanzi a questo pretore rilevando: di essersi presentato quale candidato per le elezioni politiche del 27 marzo 1994 in piu' circoscrizioni e collegi; di aver presentato in data 24 maggio 1994 il rendiconto relativo alle spese sostenute per le dette elezioni al Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Milano; di aver ritenuto di dover presentare il rendiconto a tale Collegio regionale e non anche agli altri Collegi regionali in quanto ai sensi dell'art. 7, comma 1, della legge n. 515/1993, e' fissato un massimo di spesa per la campagna elettorale che ciascun candidato non puo' superare (massimo rapportato al numero dei cittadini residenti nel collegio uninominale o nella circoscrizione elettorale), ed il tetto di spesa (L. 117.185.190) veniva ad essere determinato in riferimento alla Circoscrizione elettorale Lombardia 1; in data 22 ottobre 1994 il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Firenze lo aveva diffidato al deposito della dichiarazione e del rendiconto previsti dalla legge e cio' entro il termine di quindici giorni dalla ricezione della diffida avvenuta in data 4 novembre 1994; in data 8 novembre 1995 aveva comunicato a tale Collegio regionale di garanzia che aveva provveduto agli adempimenti in discussione presso il Collegio presso la Corte d'appello di Milano in considerazione dell'interpretazione data della legge n. 513/1993 e che comunque avrebbe provveduto immeditamente ad inoltrare i documenti anche al Collegio presso la Corte d'appello di Firenze; con successiva nota in data 15 febbraio 1995 il Collegio regionale presso la Corte d'appello di Firenze gli aveva chiesto la presentazione, entro il termine di quindici giorni, di un rendiconto delle spese sostenute esclusivamente per la campagna elettorale svolta per la Circoscrizione Toscana, ed esso ricorrente con nota 2 marzo 1995 aveva rappresentato la difficolta' a provvedere allo scorporo delle spese; il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Firenze aveva erroneamente interpretato gli artt. 7, comma 6, e 15, comma 8, della legge n. 515/1993 ed era giunto all'erronea conclusione che il candidato dovesse depositare la dichiarazione ed il rendiconto presso tutti i Collegi regionali di garanzia elettorale delle circoscrizioni in cui era stata proposta la candidatura; inoltre la dichiarazione ed il rendiconto erano stati depositati entro il termine di cui alla diffida, per cui non poteva comunque essere applicata la sanzione amministrativa; infine, l'ordinanza non era motivata; sulla base di tali premesse, l'opponente ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza ingiunzione opposta; il ricorrente non ha espressamente proposto una domanda di riduzione della sanzione ex art. 23, comma 11, della legge n. 689/1981, in quanto la sanzione e' stata irrogata nel minimo; tuttavia, se venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, della legge n. 515/1993, nella parte in cui prevede il minimo della sanzione in L. 50.000.000, ove non venisse accolto il motivo di opposizione attinente alla pretesa insussistenza dell'illecito, il ricorrente potrebbe in teoria ottenere una riduzione della sanzione; conseguentemente la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, della legge n. 513/1993 - che questo giudice intende sollevare d'ufficio - appare rilevante nel presente giudizio; tale questione e' anche non manifestamente infondata; cio' che fa dubitare della conformita' all'art. 3, della Costituzione dell'art. 15, comma 5, della legge n. 513/1993, e' la gravita' della sanzione anche nel suo minimo, gravita' che non consente all'organo preposto di irrogare una sanzione ragionevole in presenza di casi di lieve entita' quale pare essere quello dell'on. Cossutta la cui omissione dipende da una determinata interpretazione di una recente legge che nulla dice espressamente circa le fattispecie del tipo di quella in esame; vero e' che rientra nella discrezionalita' del legislatore stabilire la rilevanza degli interessi tutelati da una certa normativa e prevedere la sanzione per l'ipotesi di violazione della normativa stessa, ma un limite a tale discrezionalita' ci deve pur essere, e tale limite e' costituito dalla ragionevolezza; con la sentenza n. 50 del 14 aprile 1980 la Corte costituzionale ha rilevato che per il raggiungimento delle finalita' tipiche della pena e' preferibile che la pena stessa sia determinata fra un minimo ed un massimo e che "l'individualizzazione della pena, in modo da tenere conto dell'effettiva entita' e delle specifiche esigenze dei singoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, tanto di ordine generale (principio d'uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla materia penale)"; la Corte, con la citata sentenza, ha rilevato altresi' che "l'uguaglianza di fronte alla pena viene a significare, in definitiva, proporzione della pena rispetto alle personali responsabilita' ed alle esigenze di risposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che e' essenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni individuali e di limite della potesta' punitiva statuale"; tali principi, da estendere alle sanzioni amministrative, rapportati alla fattispecie in esame inducono un dubbio circa la costituzionalita' dell'art. 15, comma 5, della legge n. 513/1993, nella parte in cui fissa il minimo della sanzione in L. 50.000.000; infatti, pur essendo la sanzione determinata dalla legge fra il minimo ed un massimo, la sanzione minima e' di per se' enormemente afflittiva talche', in sostanza, all'organo preposto alla irrogazione della sanzione e' preclusa la possibilita' di ingiungere il pagamento di una sanzione pecuniaria ragionevolmente proporzionata al comportamento costituente illecito;